La consapevolezza morfologica: la geometria dello spazio come emanazione della materia propria
2001/2002
Marta Daponte
Un tempo fu territorio del Paleotevere
con le sue acque incredibilmente stese sulla pianura che sarà di Roma.
Lasciò debositi di facies fluvio-lacustre, accumuli argilloso-sabbiosi,
nel Pleistocene medio, trasportati dai sistemi di corsi d’acqua, precursori
del fiume nostro. Ormai tali depositi, anche gli affioramenti di terreni sedimentari,
in riva sinistra, sono quasi solo un ricordo. Forse per la causa dell’inversione
del polo magnetico terrestre, spinti da ancora un pò misteriose gran
forze, a partire da 600 mila anni fa, la campagna fiorì di estese bocche
di potenti vulcani, tutta una serie a direzione Nord-Ovest Sud-Est; fu ricoperta
da coltri di materiali piroclastici che obliterando la facies dei siti, ne cambiarono
per sempre e radicalmente i caratteri geo-morfologici, contribuendo anche a
condurre l’alveo del fiume verso il suo andamento attuale. E ad est i
grossi spessori di materiali tufacei, che superano le decine di metri, sono
quelli di intense esplosioni piroclastiche ignimbritiche del Vulcano Albano
che le emanò in prima fase, quando ancora in figura era di enorme caldera
artemisio-tuscolana. Ed il ciclo esplosivo è quello ultimo, il quarto
di questa, circa 360 mila anni fa, che ci regala il tufo lionato, usato per
le costruzioni, ed i tufi cosiddetti di Villa Senni, che presentano vari bei
cristalli sorti dalla periferia della camera dei magmi, quei granati anche,
in varietà di melanite, che ci sembra magnifico ornamento della Madre.
E la forma di quei cristalli è rombododecaedrica. Tale solido è
uno di quei quattro duali conosciuti fin dall’antichità dei tredici
solidi di Archimede. è anche uno dei soli tre presenti in natura. Keplero
investigò la matrice della sua geometria dimostrandola costruita tramite
l’esaedro. é l’esaedro quello poi, dei solidi regolari, che
compone il corpo dell’elemento terra. Lo disse Platone, nel grande discorso
cosmologico del pitagorico Timeo, la cui sapienza originava dagli egizi, dalla
grande Madre Nera, Neith di Sais.
Il mito dice che ogni sito costruito dagli uomini è, se vuole contribuire
a preservare il Mondo, proiezione del cielo. Ed ogni luogo costruito secondo
la geometria sacra, onphalos, ombelico, centro. Una costante universale, ineludibile
per i popoli antichi.
Gli etruschi, ultime genti legate profondamente al culto della Madre come energia
primaria, popolo dell’acqua e delle cavità, stabilendo il centro
dell’universo passante, nel loro territorio, per il lago di Bolsena, proiettarono
secondo questo centro il cielo sulla terra, le stelle sulla terra, e la fascia
dello zodiaco, inclinata rispetto all’eclittica. costruirono una geografia
sacra anzi una cosmografi a. E fu così che il sito che sarà di
Roma fu consacrato alla proiezione della costellazione zodiacale dei Gemelli.
Gemelli fatali, dunque. Il mito è ben più radicato. Il senso non
si lega solo al complesso incontro di popoli ma al senso delle genti per la
vita e perpetuazione dell’universo. Ogni fondazione è un atto sacro
e rifonda il mondo. Gemelli del cielo, costellazione di Castore e Polluce. L’uno
profano e l’altro sacro, l’uno figlio di un uomo, l’altro
di un dio. Duplice natura, indissolubilmente legata. Conflittuale ma coassiale.
Il senso di una complessità che nel mito lega il destino del progenitore
Enea, venuto da lontano, al corrispondente Turno, l’antagonista autoctono;
lega Ascanio e Silvio, i fratellastri di diversa stirpe, lega i fratelli autentici,
nemici, Amulio e Numitore, ed infine i veri gemelli Remo e Romolo. L’uno
mangia le crudi carni ferigne, esalta la selva e scavalca sacri pomeri, l’altro
si accosta alla mensa imbandita, fonda città, è custode del saco
pomerio. é nell’attivazione completa del rapporto gemellare autentico,
nella figura duale esaltata dal conflitto, anche il segno della complessa interazioine
tra amiente naturale, terra ed acue, e costruzione dell’insediamento.
è paesagio.
Fu territorio appartenuto ai templari questo, detto di Tor Marancia, che si
estende fra la via Ardeatina, via Sartorio e via di Grotta Perfetta, che è
denso di quele terre di cui abbiamo detto e solcato da ntichi fossi di Tor Carbone,
delle Tre Fontane ormai quasi perduti, che rappresentarono insieme a molti altri,
compreso a nord il sacro Almone, ove si immergeva il simulacro della Madre,
le costolature liquide di cui il Tevere è spina dorsale.
é proprio questo l’articolato sito denso, ora denominato dal biotopo
di Tor Marancia che, travalicando ancora verso sud, arrivando alla tenuta di
Tor Pagnotta, fu territorio dei Cavalieri Templari, come sempre signori dele
strade e dei passaggi. Da qui, in posizione elevata, sulle antiche vie Ardeatina
e Laurentina, governavano i siti, come anche da Santa Maria del Priorato all’Aventino,
chiesa densa di misteri, progettata per i Cavalieri che ne raccolsero la sapienza,
dal Piranesi. FUrono questi templari, quelli della Regola di Bernardo di Chiaravalle,
artefci forse, depositari certo, di molti segreti, apparentemente valorosi cavalieri
del sepolcro di Gerusalemme, ma abili manipolatori di enormi fortune. E di sapienza,
di esoterici poteri, anche sulle proprietà terapeutiche dei suoli. Veneravano
Giovanni Battista, dicono che lo credessero non un precursore-cugino del Gesù
Messia, ma egli stesso il Messia. Altra inversione di pseudo gemellarità.
E per celare l’enorme portata dello scambio, citavano un altro Giovanni,
quell’Evangelista che sembrò il discepolo prediletto di Gesù.
E così forse sull’Aventino non fu Maria la Madre ad essere esaltata,
ma quella Maria di Betania, la Maddalena, il cui ruolo non fu quello canonico
risaputo. Molti scambi, molte possibili dualità. Anche i tempi del cielo
ancorati ai coluri, sostizi ed equinozi, furono assegnati agli pseudo gemelli.
Non a caso la festività del Battista coincide col solstizio d’estate
(il sole che tocca il suo punto più alto nel cielo); non a caso quella
della nascita del Nazzareno col solstizio d’inverno. E possiamo non considerare,
nel segno sempre degli scambi duali, che il giorno dedicato all’Evangelista
sia vicino allo stesso solstizio d’inverno? I Templari sapevano del Cielo,
sapevano dei segreti del Credo, l’emblema del cavalcare insieme il destriero,
forse è anche questo segno di dualità di senso.
Il territorio è molto vasto: dall’Aventino, il sito che più
si avvicina, al fiume di Roma, dove governarono ed ancora i Grandi Maestri Giovanni
governano, alle località di Pagnotta. Su questo territorio, così
vasto, del vulcano, dei tufi, delle acque, insiste un forte, ardeatino, che
fa parte, ormai relitto, di quella corona di sedici che, come sistema difensivo,
fu costruito intorno alla città, dopo l’Unità, dai Piemontesi
e faceva parte di un più ampio sistema che coinvolgeva tutta la penisola
italiana. Come il territorio di Tor Marancia, biotopo dei vasti siti a Sud-Est,
si specifica come relitto vuoto, denso di materia ed energia naturale, delimitato
da elementi dinamici, le vie ove emerge ancora il senso dei siti con le loro
fisiognomiche articolazioni primigenee, così nel sito del forte macro-spazio
al cui muro perimetrale si ammassa il terrapieno a sua volta circondato da fossato
asciutto. Sembra ormai prevalere il carattere di invaso, concava presenza, possibile
recipiente d’acqua. E di vegetazione, che riappropiandosi d’una
presenza artificiale, quasi la restituisce alla terra. Comunque il forte con
la sua corona di spazio costruito ebbe un nucleo d’acqua, la sua funzionale
cisterna. Ed è il forte a generare intorno a sé, quasi emettesse
naturalmente un vasto sistema di elementi connessi, qualificati come spazi d’incontro
e spazi ricettori-convogliatori d’acque. Sistemi complesse per la raccolta
delle acque che, aggrappandosi al forte, convogliano la linfa vitale verso i
quasi perduti fossi di Tor Carbone e delle Tre Fontane.
Abbiamo visto come il rombododecaedro sia la struttura geometrica propria delle
materie, dei cristalli emersi dal vulcano (granati-melaniti) e quella che, come
appartenente alla serie dei solidi duali, sia anche la più adatta a segnicamente
connettersi con le costellazioni del cielo, con i siti e con i miti legati ai
misteriosi cavalieri signori dei luoghi, e ad i loro esoterici messaggi.
Il rombododecaedro è scomponibile in piramidi, e queste in tetraedri
che Buckminster Fuller chiama “mite” nei suoi studi preliminari
alla formulazione delle teorie sulla sinergetica e sulla tensegrità.
Il “mite” è il dominio fondamentale che composto e ricomposto
genera una grande varietà di configurazioni ed aggregazioni sempre in
relazioni di appartenenza con il dodecaedro di cui è il modulo.Le sezioni
trasversali del “coupler” (ottaedro irregolare composto da 8 “mite”,
ovvero 2 piramidi combacianti per la base) sono diamanti: l’esatta forma
della faccia del rombododecaedro e il vertice di ogni coupler passano per il
centro del cubo o del rombododecaedro corrispondente. Queste relazioni geometriche
delineano una forma ed una struttura. Come una gemmazione, al rombododecaedro
si aggrappano dei rombododecaedri più piccoli, in cui la diagonale spaziale
del cubo interno è costruita sul lato del cubo del dodecaedro grande:
sono perciò in rapporto di volume 1/3. La struttura del piccolo nasce
dalla struttura del grande.
Una geometria di cristalli, una emersione della struttura profonda delle terre,
come continuamente emergente nel precipite.
E nel progetto appare, nella figura, illuminato alla luce del mezzogiorno del
solstizio d’estate, la figura del Messia/Giovanni.